Ramin Bahrami

RAMIN BAHRAMI
presenta il nuovo CD Decca
BACH IL CLAVICEMBALO BEN TEMPERATO LIBRO II
Moderatore: MARIO RAFFAELE CONTI, caporedattore di “OGGI”
29 GENNAIO 2017, ORE 17.30
Villa Ottolini-Tosi “Casa della Musica”, Busto Arsizio, Via Volta 4 e Via Bellini 7
INGRESSO LIBERO E GRATUITO

Ramin Bahrami, uno dei massimi interpreti bachiani in attività, sarà ospite dell’Associazione Musicale Rossini per un incontro con il pubblico nel corso del quale parlerà del suo nuovo CD dedicato al secondo libro del ‘Il Clavicembalo ben temperato’ di Johann Sebastian Bach, un capolavoro assoluto che, come sottolinea Bahrami stesso, rappresenta “un album fotografico della vita dell’uomo, un racconto introspettivo ricco di sentimento, che si allontana totalmente dalla concezione di opera didattica”.
Bahrami raccoglie l’eredità dei grandi interpreti del passato confrontandola con gli ultimi studi documentati dall’Archivio Bach di Lipsia: il risultato è un perfetto equilibrio tra il rispetto della tradizione e l’originalità che contraddistingue tutte le interpretazioni del geniale pianista iraniano.
Nel corso dell’incontro, moderato da Mario Raffaele Conti, caporedattore di “Oggi”, il Maestro eseguirà alcuni brani dal vivo. Al termine sarà lieto di in contrare il pubblico per autografare i suoi CD.

Per informazioni: tel 0331.635255 – facebook: AssociazioneMusicaleRossini – email: hngmaz@tin.it – www.amrossini.com
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RAMIN BAHRAMI
“Ramin Bahrami scompone la musica di Bach e la ricompone in modi che risentono di un modello, Glenn Gould, senza veramente assomigliare al modello. Io gli ho insegnato a sopportare il morso, ma non l’ho domato; e spero che continui ad essere com’è” – Piero Rattalino

Ramin Bahrami è considerato uno tra i più importanti interpreti bachiani viventi a livello internazionale.

Dopo l’esecuzione dei Concerti di J.S. Bach a Lipsia nel 2009 con la Gewandhausorchester diretta da Riccardo Chailly, la critica tedesca lo considererà: “un mago del suono, un poeta della tastiera… artista straordinario che ha il coraggio di affrontare Bach su una via veramente personale…”(leipziger volkszeitung).
La ricerca interpretativa del pianista iraniano è attualmente rivolta alla monumentale produzione tastieristica di Johann Sebastian Bach, che Bahrami affronta con il rispetto e la sensibilità cosmopolita della quale è intrisa la sua cultura e la sua formazione. Le influenze tedesche, russe, turche e naturalmente persiane che hanno caratterizzato la sua infanzia, gli permettono di accostarsi alla musica di Bach esaltandone il senso di universalità che la caratterizza. Bahrami si è esibito in importanti festival pianistici tra cui “La Roque d’Anthéron”, Festival di Uzés, il Festival “Piano aux Jacobins” di Toulose, il Tallin Baroque Music Festival in Estonia e il Beijing Piano Festival in Cina, Festival di Brescia e Bergamo, Ravello Festival ed in prestigiose sedi italiane come La Scala di Milano, la Fenice di Venezia, l’Accademia di Santa Cecilia a Roma ecc…

Nato a Teheran si diploma con Piero Rattalino al Conservatorio “G. Verdi” di Milano, approfondisce gli studi all’Accademia Pianistica di Imola e con Wolfgang Bloser alla Hochschule für Musik di Stoccarda. Si perfeziona con Alexis Weissenberg, Charles Rosen, András Schiff, Robert Levin e in particolare con Rosalyn Tureck.

Ramin Bahrami incide esclusivamente per Decca-Universal, i suoi CD sono dei best seller che hanno scalato la classifiche pop (L’”Arte della Fuga” è stato studiato come “caso” di marketing culturale dall’Università Bocconi di Milano) e riscuotono sempre molto successo di pubblico e di critica tanto da indurre il Corriere della Sera a dedicargli una collana apposita per 13 settimane consecutive. Ramin Bahrami ha scritto due libri per la Mondadori e il terzo edito Bompiani dal titolo “Nonno Bach”. Recentemente ha avuto il privilegio di inaugurare la stagione di musica da camera di Santa Cecilia a Roma e al Beethoven Festival di Varsavia in collaborazione con il flautista Massimo Mercelli, con cui ha registrato le sonate per flauto e piano per Decca.

Tra gli eventi più significativi del 2016 si segnalano i concerti trionfali nella sala grande dell’Accademia Liszt a Budapest e alla Tonhalle di Zurigo, l’esibizione con Yuri Bashmet e I Solisti di Mosca al Festival di Sochi e il gala di beneficenza a Stoccarda in duo con Sabine Meyer, clarinettista preferita di Karajan, oltre ai progetti con Danilo Rea e Giancarlo Giannini. Le sue ultime incisioni bachiane sono l’ Offerta Musicale con le prime parti dell’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia, Roma, e il secondo libro del Clavicembalo ben temperato.

E’ stato insignito del premio Mozart Box per l’appassionata e coinvolgente opera di divulgazione della musica, bachiana e non solo, inoltre è stato insignito del Premio “Città di Piacenza–Giuseppe Verdi” dedicato ai grandi protagonisti della scena musicale, riconoscimento assegnato prima di lui a Riccardo Muti, Josè Cura, Leo Nucci e Pier Luigi Pizzi.

Johann Sebastian Bach
Il 1717 fu un anno inquieto e assieme importante per il trentaduenne Johann Sebastian Bach. Il 5 agosto, il musicista – al tempo organista e Konzertmeister presso la corte di Weimar dei duchi co-regnanti Wilhelm Ernst e Ernst August – firmò un accordo contrattuale con cui dichiarava la sua volontà di assumere l’incarico di Kapellmeister del principe Leopold a Cöthen. In autunno (in ottobre o novembre), vide sfumare l’attesa sfida musicale con il parigino Louis Marchand: un virtuoso della tastiera che si ritirò all’ultimo momento, quando tutto era stato organizzato e Bach era già presente alla corte reale-elettorale di Dresda, “arena” prevista per il cimento. Quindi, dal 6 novembre al 2 dicembre, affrontò un mese scarso di carcere che gli era stato inflitto per aver chiesto – con eccessiva ostinazione e, probabilmente, un conseguente scoppio di rabbia – il congedo dai servizi presso la corte di Weimar: una richiesta che era diretta conseguenza del suddetto accordo contrattuale stabilito con Cöthen.

I giorni di detenzione rappresentarono uno dei momenti più bui e tristi della vita del compositore; a essi, però, alcuni studiosi, Christoph Wolff in prima fila, attribuiscono la possibile gestazione di un buon numero dei 24 Preludi e Fughe che costituiscono quello che noi oggi chiamiamo il Primo Libro de Das Wohltemperierte Clavier: ovvero del Clavicembalo ben temperato, più correttamente della Tastiera ben temperata, in quanto il termine Clavier definisce a un generico strumento a tasto. L’ipotesi prende spunto da quanto raccontò il compositore e organista tedesco Ernst Ludwig Gerber: nel 1790 autore dell’Historisch-biographisches Lexikon der Tonkünstler, il primo dizionario biografico musicale completo. Gerber, figlio di quel Heinrich Nicolaus che studiò con Bach a Lipsia negli anni Venti del ‘700, scrisse infatti che il Primo Libro della raccolta bachiana fu concepito «in un luogo in cui il tedio, la noia e l’assenza di qualsiasi tipo di strumento musicale», e dove altro se non in una prigione, «lo costrinsero a far ricorso a questo passatempo».

Il 29 dicembre del 1717, Bach approdò a Cöthen. Alla corte di Leopold la musica sacra e vocale in genere era di interesse secondario e il florido sbocciare della vivacissima attività musicale del palazzo di corte innescata dal compositore s’indirizzò soprattutto in direzione strumentale. È indubbio che i lavori del Kapellmeister furono eseguiti in occasione delle varie cerimonie e dei vari momenti d’intrattenimento che ritmavano, quanto meno con scadenza settimanale, una vita di corte desiderosa di tenersi al passo con i centri musicali più alla moda. Il repertorio proposto da Bach comprendeva pagine per ensemble di varie dimensioni, e poi Concerti, Sonate e brani per strumenti soli, tra cui probabilmente altre pagine poi confluite nel Primo Libro del Clavicembalo ben temperato.

Il 5 giugno 1722, quattro anni e mezzo dopo l’arrivo di Bach a Cöthen, la morte di Johann Kuhnau rese vacante l’incarico di Direttore musicale e Cantor alla Scuola di san Tommaso a Lipsia. L’11 agosto il Consiglio municipale elesse Georg Philipp Telemann che, dopo aver soppesato la questione per circa tre mesi, in novembre decise di declinare l’offerta. Si dovette quindi procedere a ulteriori esami. In dicembre, Johann Sebastian si aggiunse alla lista dei molti pretendenti desiderosi di succedere a Kuhnau. Intanto si era reso conto che per conquistare il nuovo incarico era necessario presentare le proprie credenziali di competente ed esperto insegnante di musica, di autore di manuali esemplari e utilissimi, oltre che di far risaltare la sua statura di erudito musicale: requisiti fondamentali per un ambiente accademico ambizioso ed esigente come quello della Scuola di san Tommaso.

Il cerchio si era chiuso, la storia ritornava sui suoi passi e, ancora una volta in occasione di una nuova svolta professionale di Bach, riaffiorò quella serie di brani per tastiera forse ideati durante il mese scarso di prigionia a Weimar, e poi ampliata durante gli anni di Cöthen. Brani forse già organizzati in raccolta, o forse no, che in quello stesso 1722 confluirono nella compilazione dell’autografo in bella copia del Primo Libro del Clavicembalo ben temperato, oggi conservato alla Deutsche Staatsbibliothek di Berlino, privo della Fuga n. 13 e di alcune battute del Preludio n. 14. Di sicuro, sappiamo che nel Primo Libro furono ripresi, rimaneggiati e all’occorrenza ampliati undici Preludi che già si trovavano nel Klavierbüchlein scritto da Bach per il figlio Wilhelm Friedemann.. L’ampia e ricercata intestazione, sicuramente concepita in concomitanza con la candidatura del compositore al cantorato lipsiense, non specifica che siamo di fronte a un “Primo Libro” (indizio che al tempo Bach considerava l’opera compiuta e finita così com’era), mentre invece fa supporre che la raccolta rientrava in un più ampio progetto di autopromozione ideato dal compositore: «Il clavicembalo ben temperato, ossia Preludi e Fughe in tutti i toni e i semitoni, tanto nella terza maggiore ossia Do Re Mi quanto nella terza minore ossia Re Mi Fa. Ad uso e profitto della gioventù musicale desiderosa di apprendere, e anche per il diletto di coloro che sono già esperti in quest’arte». Insomma, una raffinata e ben organizzata silloge che sfoggiava un approccio essenzialmente pragmatico alla scienza musicale, prevista per un generico strumento a tasto, e destinata ai giovani musicisti che volevano essere iniziati alle regole fondamentali della composizione e a chiunque fosse desideroso di apprendere e di sviluppare il proprio virtuosismo.

La raccolta, inoltre, si prefiggeva di mostrare i vantaggi del “temperamento equabile”, cioè dell’accorgimento che sostituiva al sistema musicale pitagorico per quinte naturali un sistema in cui l’ottava risultava divisa in dodici semitoni uguali. La teoria, avanzata nel 1691 dall’organista tedesco Andreas Werckmeister, aveva conosciuto applicazioni concrete ma solo parziali da parte di alcuni musicisti. Con il Primo Libro del Clavicembalo ben temperato Bach offriva invece una dimostrazione pratica globale, distribuita su tutte le ventiquattro tonalità, attraverso altrettante coppie costituite da un Preludio e da una Fuga, disposte secondo l’ordine tonale della scala cromatica ascendente. Coppie che al loro interno giustapponevano due tipi di armonizzazione polifonica sostanzialmente diversi: quello improvvisativo e libero dei Preludi e quello rigorosamente contrappuntistica delle Fughe (da due a cinque voci). L’ulteriore impiego di tutte le categorie metriche, di diversi modelli stilistici e di una varietà di particolari caratteristiche compositive contribuiva al significato veramente esaustivo della raccolta.
Alla fine il Consiglio municipale di Lipsia scelse Bach che, il 19 aprile 1723, grazie anche al manoscritto del Primo Libro del Clavicembalo ben temperato, poté firmare un contratto provvisorio, a cui seguì quello definitivo il 5 maggio. Il 22 di quello stesso mese la famiglia del compositore si trasferiva a Lipsia, in uno spazioso alloggio all’interno della scuola di san Tommaso. Iniziava una nuova fase del percorso artistico del musicista, ma la vicenda era tutt’altro che chiusa. Circa sedici anni dopo, a Lipsia, per ragioni che a noi oggi sfuggono del tutto, Bach volle tornare sulla questione progettando un seguito, gemello ma differente, alla prima raccolta del 1722: quello che noi oggi chiamiamo il Secondo Libro del Clavicembalo ben temperato. Attorno al 1739, il musicista iniziò a riordinare pagine di musica sparse: alcune forse addirittura giovanili, altre concepite a Lipsia, e non del tutto improbabilmente già eseguite in occasione dei settimanali concerti al Caffè Zimmermann del Collegium Musicum, una società musicale privata fondata dal giovane Telemann nel 1701 di cui Bach era divenuto direttore nel 1729.

Applicando ancora una volta il principio ordinatore del temperamento equabile, il compositore adattò questi brani al medesimo impianto del Primo Libro, ideando ex-novo le pagine necessarie al completamento della serie: ancora una volta ventiquattro Preludi e Fughe disposti secondo l’ordine tonale della scala cromatica ascendente che coprivano l’intero spettro delle tonalità. Il lavoro, completato con tutta probabilità alla fine del 1743, è testimoniato dalla copia autografa (una parte è però di mano della moglie del compositore Anna Magdalena) conservata dal 1896 al British Museum di Londra. A lungo ritenuta perduta, è priva dell’intestazione e dei Preludi e Fuga n. 4, n. 5 e n. 12. Soltanto a partire dalla copia datata 1744 redatta da Johann Christoph Altnickol – allievo e poi genero di Bach – oggi ospitata alla Deutsche Staatsbibliothek di Berlino, incontriamo l’indicazione di “Seconda parte”. Nonostante l’insieme del dittico costituito dai due Libri del Clavicembalo ben temperato trasmetta una forte impressione di unità, coesione e armonia, sembra più corretto individuare nel Secondo Libro un capolavoro che replica sì l’esperienza artistica attuata a Cöthen con il Primo Libro, ma in piena autonomia. Un’opera che, pur rimanendo fedele al medesimo scheletro portante, è espressione di nuovi orizzonti della vita artistica di Bach, e di un grado più alto della sua tecnica: nascendo in un’epoca e in un contesto produttivo ben diversi, che di lì a poco avrebbero visto la significativa creazione dell’Arte della fuga.

Differenze nette con il Primo Libro si possono individuare nella maggior ampiezza dei Preludi; nella frequente adozione della forma bipartita (che nella prima raccolta appare una sola volta), suggerita dalla consuetudine con le forme di danza e dall’eco del nuovo impianto di Sonata proposto dallo stile italiano; e poi ancora nella scrittura delle Fughe di livello nettamente superiore. Segno, quest’ultimo, di una nuova situazione compositiva che, senza perdere di vista gli obiettivi educativi e pratici, ora declinati in una dimensione più privata e astratta, poneva al centro dei suoi interessi gli strumenti a tastiera, e gli spazi profondi di una nuova ricerca speculativa. I due Libri del Clavicembalo ben temperato si addentrarono in sentieri mai percorsi, riuscendo a conciliare originalità concettuale, precisione tecnica e bellezza estetica, ponendo una pietra miliare per tutta la musica a venire, ed esprimendo un territorio sonoro in cui la diversità procede a partire dal principio fondatore e unico di Dio: il molteplice che procede dall’unico, secondo il principio dell’identità nella varietà approfondito dal filosofo e scienziato tedesco Gottfried Wilhelm Leibniz.

Non a caso così si espresse Goethe, scrivendo all’amico compositore e direttore d’orchestra Carl Ferdinand Zelter dopo aver ascoltato alcuni brani del Clavicembalo ben temperato: «Era, mi è sembrato, come se l’armonia universale si intrattenesse con se stessa, un po’ alla stregua di quello che deve essere successo nella mente di Dio poco prima della Creazione del mondo».

Massimo Rolando Zegna

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